Le ultime indagini condotte dalla Soprintendenza Archeologica con la collaborazione del Gruppo Storico Archeologico Galliatese nella brughiera soprastante l'area del Ticino, confermano la presenza di una estesa necropoli.
Rispetto a quanto si possa desumere da precedenti e confusi ritrovamenti del secolo scorso (Urna fittile, cioè fatta di terracotta, ritrovata in Regione Costa Dritta, tipica per forma e decorazione della fase detta Protogolasecca III: X sec. a. C.), si conferma che la prima necropoli organizzata nelle brughiere di Galliate fosse costituita da tombe a cremazione inserite in bassi e piccoli tumuli con rivestimento in ciottoli, databili all'età del Bronzo Finale (Cultura Protogolasecca II, III: XI- X sec . a. C. , contemporanea e correlata alla Urnenfelderzeit Ha A2- B1 dell'Europa Centro-Occidentale).
I reperti ci permettono una ricostruzione più completa della storia del territorio galliatese: questa zona visse, come il resto del Novarese, tra la tarda età del Bronzo e l'età del Bronzo Finale (XIII- X sec. a. C. ), il fenomeno dello spostamento graduale dell'asse primario delle comunicazioni dalle vie lungo l'Agogna al percorso fluviale del Ticino. La conseguenza di tale fatto fu la crescita progressiva dell'importanza di quei centri che potevano rappresentare punti di scalo e di controllo della navigazione, che vedevano passare nell'età del Ferro i commerci intensi e pregiati tra l'Etruria e i centri golasecchiani, verso i principati celtici transalpini. Appare dunque eccezionale sia per documentare i complessi fenomeni di influenze culturali, che segnano i primi momenti delle invasioni galliche in Italia e le diverse reazioni nell'integrazione con gruppi residenti già celtofoni; sia per documentare il rapporto tra mondo celtico e mediterraneo in quella che appare configurarsi come un'area di cerniera che, sulla base dello storico Tito Livio, sembra aver costituito per poco tempo una linea di confine tra Galli invasori ed Etruria padana, superata con la sconfitta militare degli eserciti cisalpini (Battaglia del Ticino) intorno al 388 a. C.
Materiale conservato dai Salesiani di Borgomanero
All'inizio del nostro secolo, tra gli anni 1913 e 1918, fu l'avvocato Gerolamo Guarlotti ad iniziare scavi di ricerca archeologica, nella baraggia della Costa Grande, non lontano dalla cascina Picchetta. Il materiale rinvenuto andò quasi del tutto disperso ad opera degli eredi del Guarlotti, e solo alcuni oggetti fittili facenti parte del "sepolcreto di età romana" che ricopriva un arco cronologico compreso tra la fine del I sec. a. C. ed il III sec. d. C. sono conservati presso il Liceo dei PP. Salesiani di Borgomanero, a cui furono donati dal Cassani:
Urna ceramica con funzione di cinerario.
Due urne in ceramica comune con funzione di cinerario, di cui una decorata ad onde incise sulla spalla.
Un piatto ad orlo verticale, con decorazione a doppia spirale applicata in terra sigillata. L'espressione "terra sigillata" si riferisce alle produzioni ceramiche decorate con figure a rilievo. In realtà con questo termine si è soliti definire tutta la produzione di vasellame fine da mensa con vernice rossa superficiale. Una firma non più leggibile compare in un bollo ad impronta di piede sul fondo interno del piatto. Uno simile e leggibile è conservato nella sede del Gruppo Storico Archeologico Galliatese.
Piatto ad orlo verticale
Semplice coppa ad orlo estroflesso ingrossato.
Una semplice coppa ad orlo estroflesso ingrossato sempre riferibile alla classe della terra sigillata padana.
A conferma di quanto asseriva il Baroncelli nel 1918 nella sua pubblicazione su Notizie e Scavi dell'Antichità, circa la frequenza dell'olpe nei corredi funerari di età romana, nel 1969 Fumagalli pubblicava, in un suo lavoro una fotografia riproducente due olpi ed un'anforetta "rinvenuti nell'agro galliatese già in raccolta dell'avv. Guarlotti, ora presso una famiglia novarese".
Olpe piriforme del I sec.d.C.
Un' olpe piriforme databile al I sec. d. C.
Materiale conservato al museo civico di Novara
Una certa confusione si era creata nell'individuazione dell'area archeologica di provenienza di due reperti donati al Museo Civico di Novara. Infatti gli accertamenti eseguiti dal Fumagalli con le indicazioni dell'Ufficio Tecnico Comunale di Galliate identificarono la località di provenienza dei reperti nella regione Carovella, ma successivi e approfonditi sopralluoghi stabilirono che il punto del ritrovamento è posto a nord della trincea ferroviaria e quindi in regione Soliva.
I reperti ritrovati sono:
Un bronzetto raffigurante Giove.
L'indagine archeologica sul territorio non ha ancora permesso di delineare un quadro esauriente della religiosità e delle forme architettoniche connesse ai luoghi di culto. Quanto si conosce sull'argomento è deducibile soprattutto da testimonianze epigrafiche in cui viene fatta menzione delle divinità del Pantheon romano, così come la citazione degli Augustales e dei Seviri Augustales, collegi che amministravano il culto imperiale.
Il numero maggiore di dediche è legato a Giove, divinità principale della triade capitolina, rappresentato anche nel bronzetto galliatese con attributi canonici del fulmine nella sinistra protesa e con l'asta nella destra sollevata, mancante per lacunosità dell'avambraccio della figura. Secondo una caratteristica propria del mondo romano, la rappresentazione di Giove anziano e barbuto è chiaramente derivata dalla iconografia dello Zeus greco, mediata dalle rappresentazioni dell'etrusco Tinia.
Fibula detta del legionario
Una fibula detta "del legionario".
Per quanto concerne la cronologia della fibula, la presenza di un numero significativo di esemplari in campi militari occupati a partire almeno dal 10 a. C. e per contro la rarità di questi oggetti in altri, in cui la presenza militare è confermata dal 430 d. C. , colloca tra la fine del I sec. a. C. ed i primi decenni del I sec. d.C. il momento di maggiore uso del tipo detto "DI AYCISSA" dal marchio più frequentemente documentato, e la loro distribuzione fa pensare di poter localizzare lungo il litorale della Dalmazia, luogo di maggior concentrazione dei rinvenimenti, l'officina di DURNACUS. Il marchio DYRNACO, impresso in cartiglio rettangolare tra due file di puntini sulla testa dell'arco, è senza dubbio da riferirsi all'officina di produzione.
Vaso di Inventus
La precoce alfabetizzazione delle aree golasecchiane è alla base del protrarsi nel tempo dell'uso dell'individuazione di appartenenza degli oggetti personali anche nelle necropoli della tarda età del ferro, come indicato da rinvenimenti avvenuti sul territorio circostante Galliate. Assai più raro è l'uso dell'alfabeto e della lingua latina che caratterizza invece il graffito sul collo dell'olletta globulare da Galliate. Seppure compromesso da alcune scheggiature è tuttavia ben leggibile INVENTI , che si interpreta come "appartenente ad INVENTUS". Cognome latino tra i più comuni, servile, veniva attribuito ai fanciulli presi come schiavi dopo l'esposizione o il rifiuto da parte delle famiglie.
Materiale conservato al Museo Patrio Archeologico e al Castello Sforzesco di Milano
Le urnette in ceramica comune con decorazione incisa a pettine sulla spalla ed il piatto tegame ad orlo rientrante costituiscono elementi frequenti in contesti funerari dell'età imperiale romana e la loro stretta connessione all'uso comune quotidiano consente di interpretarne la presenza, quando non utilizzati in funzione di cinerario, come contenitori per le offerte di cibo al defunto durante il rituale funerario.
Coppetta pareti sottili
Del vasellame fine da mensa fa parte la coppetta a pareti sottili con decorazione "a la barbotine" in rilievo nella fascia superiore della vasca ed incisa a rotellatura in quella inferiore.
I balsamari in vetro, piccoli contenitori per unguenti o profumi, sono reperti di pregio che si incontrano con notevole frequenza nei corredi funerari di età romana e presentano estrema varietà di forme e colorazioni.
Balsamario
Nella sede del Gruppo Storico Archeologico Galliatese se ne possono ammirare due:
Uno in vetro trasparente azzurro a forma piriforme ; Uno in vetro bianco opaco piccolissimo, globulare, con piccolo collo estroflesso.
Della zona necropolare sono state scavate cinque tombe a cremazione diretta ed indiretta. Alcune urne, che con ogni probabilità fungevano anche da segnacolo fuori terra delle deposizioni, risultano tagliate a metà dai lavori agricoli. Le ceramiche, di cui si è potuto ricomporre una coppa biansata su piede, decorata a rotellatura,
una brocca monoansata a corpo globulare, entrambe con tracce di vernice rosso-bruna ed ascrivibili alla classe della terra sigillata,
un'olpe ad alta carenatrura e spalla rettilinea obliqua (nella foto ad inizio pagina), particolarmente diffusa in contesti giulio-claudi,
erano state ritualmente frantumate e deposte nella fossa a pira ancora accesa tanto da risultare in parte deformate dal calore.
Dei cinque balsamari in vetro rinvenuti, quattro sono fusi e solo uno, piriforme e di colore blu scuro, si conserva integro.
Lo scarso interro delle strutture ha determinato l'asportazione e la dispersione dei livelli superficiali delle fosse e di parte delle coperture in laterizio delle stesse, ma il lavoro attento svolto dopo ogni aratura da parte del Gruppo Storico Archeologico ha permesso il recupero di un anello in bronzo con sigillo,una micromoneta romana, una moneta in bronzo perfettamente conservata e leggibile denominata Faustina II un fodero in ferro di un pugnale : "Misericordia", vari materiali ceramici frammentati che sono in fase di ricostruzione nella sede del G.S.A.G. e che, viste le dimensioni dovrebbero risultare come un anforone inizialmente utilizzato per il trasporto delle granaglie, e poi come urna cineraria per un ragazzo/a perché nella terra di riempimento sono stati recuperati alcuni denti appartenenti ad un soggetto abbastanza giovane.